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Scheda n. 2

(di Alessandra Geromel Pauletti)

Da:
Il Museo di san Pio X a Salzano
Argenti, tessuti e arredi sacri dal Quattrocento al Novecento
Amministrazione Comunale di Salzano, 1999 
Pag. 66

pianeta

N. inv. 9

Parato composto di: PIANETA, STOLA, MANIPOLO E BUSTA

Ricamo: primo quarto del XVI sec. (integrazoni sec. XVIII) - Italia (Venezia)
Tessuto: fine primo quarto del XVIII sec. - Italia (Venezia)

Dimensioni cm. 117x78; 250x25; 4424; 25,5x25,5.
Definizione tecnica damasco con croce e colonna ricamate.
Costruzione damasco classico, fondo in raso da 5, scoccamento 3, faccia ordito, controfondo faccia trama, lavorato da tutti i fili dell'ordito e da tutti i colpi della trama di fondo, entrambi di colore verde.
Ordito di fondo organzino di seta, due capi, torsione S, verde.
Riduzione 110 fili/cm.
Trama di fondo seta, più capi, leggera torsione S, verde.
Riduzione 28 colpi/cm.
Altezza del tessuto cm. 56 cimose comprese.
Cimose cm. 1 in taffetà lavorato da ordito a disposizione (rosa con due righette bianche) e dalla trama di fondo verde; terminano con due cordelline di seta verde.
Rapporto di disegno cm. 99,5x54.
Materiali del ricamo sete policrome senza supporto sottostante e argento dorato filato S su anima di seta gialla singolo e doppio, anche su imbottitura di fili di canapa.
Tecnica del ricamo ricamo ad applicazione a punto raso e punto spaccato per le sete, anche lavorato per parallele orizzontali (nelle vesti); il punto raso si trova anche sopragittato in diagonale, trattenuta da punti di fermatura a canestro in seta giallina (per pavimento, cupole, libri). Punto posato per i filati metallici, con punti di fermatura in seta avorio, liberi e in diagonale. Croce e colonna ricamate ad applicazione, su supporto in rigida tela di cotone, attualmente applicate su un fondo in taffetà verde settecentesco che funge da supporto visivo al ricamo, in cui è stata invertita la disposizione della trama con quella dell'ordito e dove sono posizionati fiorellini, in parte scomparsi, realizzati in occasione dei reimpiego dei riquadri nel corso dei XVIII secolo; il disegno appare tracciato ad inchiostro e quindi coperto con filati serici e metallici.

Le parti a ricamo si articolano in una serie di otto riquadri di forma rettangolare (cm. 33x16), entro cui trovano collocazione figure di Santi, inseriti in architetture dorate - trattate a rilievo dai preziosi filati metallici - ciascuno sotto una cupola ad arco ribassato di colore azzurro, a simboleggiare il cielo, sovrastata da due cornucopie fiancheggiate, ricadenti e cariche di fiori.

Si tratta più precisamente di tre riquadri interi per il dietro e due per il davanti della veste, dove nei bracci corti della croce trovano posto le figure della Madonna e dell'Arcangelo Gabriele. Alcuni dei sei Santi sembrano essere riconoscibili per i loro attributi: S. Pietro con le chiavi, collocato nel riquadro posteriore in alto della pianeta, seguito da un santo con la croce (forse S. Filippo Apostolo) e da un altro che pare reggere una fiaccola, con lunghi capelli bipartiti al centro della testa; nel davanti compaiono invece S. Giacomo con la spada e S. Domenico con il giglio. Il ricamo appare citato nel più antico degli inventari pervenutici, datato 1526, dove si parla di "una pianeta velluti nigri et figurati rubei cum stollis et manipulo, et cruce recami" e "una planeta velluti cremesini cum cruce de recamo cum stolla et manipulo".

Stilisticamente l'esecuzione dei santi e delle architetture conferma la datazione, benché sia evidente la distanza qualitativa con il più raffinato ricamo applicato sulla pianeta in velluto rosso - inv. n. 15 (scheda n.1) - cui si rimanda - con la quale ha in comune la medesima provenienza. Realizzata probabilmente in ambito veneziano, in un laboratorio specializzato in cui i maestri ricamatori si trovavano a collaborare con pittori e artisti famosi, spesso chiamati a tracciare il disegno e a dare suggerimenti sui colori e sfumature da adottare nella scelta dei filati: tale ipotesi non trova finora conferma nel pur indagato patrimonio archivistico lagunare, dove nomi e notizie di questi abili esecutori sono probabilmente andate perdute, sottraendo un importante pezzo di storia agli studiosi dei settore. 

Per quanto riguarda il tessuto, il motivo decorativo, tratteggiato dall'aspetto contrastante tipico dei damasco, disegna sul fondo opaco una grande maglia rigonfia, che occupa l'intera altezza dei tessuto, definita da un robusto tralcio. frequentemente interrotto da foglie ricadenti, arricciate, narcisi e grosse volute. Sono presenti grosse melagrane caratterizzate da chicchi, anch'esse contornate da foglie, petali e volute.

Il grande impianto centralizzato suggerisce la destinazione dei tessuto, indicato esclusivamente per la confezione di abiti liturgici o per l'arredo, avvicinabile ad esempi dei 1720-25 per la marcata rigidità del tratto grafico e per alcuni particolari  caratterizzanti le strane infiorescenze ancora vagamente "bizarre". Citata da Pallucchini che la studia nel 1928 - assieme alle altre due pianete (inv. nn. 8 e 15 - scheda nn. 3,1) pare sia riconoscibile come quella indossata da Pio X nel ritratto dei pittore Apolionio, donato a S. E. Longhin, e dipinto in occasione dei processo di beatificazione di Papa Sarto. L'allora giovane studioso aveva ritenuto questa pianeta la più antica dei gruppo, datando correttamente il damasco dei fondo che definisce un "esemplare d'una delle migliori stoffe italiane del XVIII secolo", mentre attribuisce il ricamo a manifattura spagnola degli inizi dei XVI secolo forse interpretandone le forme architettoniche dell'edicoletta "di gusto arabo" (PALLUCCHINI, 1925, p. 103).

Gallone cm. 1,2 in argento dorato filato S su anima di seta gialla e seta gialla, con motivo geometrico.
Fodera tela di lino cerato, beige rosato, cucita a mano.
Condizioni ottime per quanto riguarda il damasco; il ricamo invece presenti zone lacunose, dove le sete, poco ritorte, sono scomparse lasciando a vista il tessuto di fondo.
Bibliografia PALLUCCHINI, 1928, pp. 103-104; BORTOLATO, 1973, p. 27.
Bibliografia di confronto DAVANZO POLI, 1994, n. 84, p. 70 e CUOGHI COSTANTINI, 1993, n. 359, pp 206-207.

Ultimo aggiornamento: 04.08.2007

 
 
 
 
 
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