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“La Vita del Popolo”, Domenica 15 agosto 2004 p. 13

La sua parrocchia fu il mondo

Che Giuseppe Sarto sia oggetto di mie ricerche da almeno 40 anni è fuori di dubbio, ma la mia deformazione mentale, tipica dei matematici, mi ha portato a cercare relazioni ed intersezioni un po' dappertutto, tanto nel confronto con altri papi, quanto all'interno della vita di S. Pio X.

Due papi spartiacque

Se pensiamo ai papi dopo Leone XIII, ci accorgiamo che la loro origine è passata bruscamente dall'ambito dello Stato Pontificio a quello dell'area lombardo-veneta o, comunque, del Nord Italia. Infatti, G. Sarto (Pio X) ed A. Luciani (Giovanni Paolo I) sono veneti; G. Dalla Chiesa (Benedetto XV) è ligure; A. Ratti (Pio XI), A. G. Roncalli (Giovanni XXIII) e G. B. Montini (Paolo VI) sono lombardi; unica eccezione è E. Pacelli (Pio XII), romano.

Nella rosa citata si segnalano soprattutto Giuseppe Sarto ed Angelo Giacinto Roncalli, i due papi spartiacque, coloro che sono stati i più profondi riformatori della vita della Chiesa del secolo XX. Numerose sono le affinità come le differenze fra loro, ma entrambi hanno inciso in un "modo senza ritorno" nel tracciare la Via. Molto singolare (per non dire unica) è quella del Sarto, che Beppo Maffioli (1925-85) ha chiamato "La strada veneta di Pio X".

Il primo papa-parroco

In questo humus culturale e religioso veneto ha acquisito quel suo pragmatismo pastorale e quella sua aderenza alla realtà quotidiana che non lo ha abbandonato nemmeno da papa. Approfondendo un po' di più questo fatto, ci accorgiamo poi che ben tre papi su otto provengono dalla cattedra patriarcale di Venezia: Giuseppe Sarto, Angelo Roncalli ed Albino Luciani. Ciò fa pensare che la fucina che ha sfornato i papi più innovativi nel loro tempo sia stato proprio il Veneto, articolato in parrocchie saldamente fondate. Chiaramente la loro vocazione è nata nelle rispettive comunità parrocchiali, il loro avviamento al ministero sacerdotale è stato seguito dalle famiglie, dai cappellani e dai parroci dei luoghi d'origine, la loro formazione è stata curata nei migliori seminari, il loro apprendistato è avvenuto nelle parrocchie sotto il vigile e fraterno sguardo di parroci dei quali si è perso lo stampo. Tutte queste osservazioni permettono di individuare nell'istituto parrocchiale, profondamente radicato nelle diocesi del Veneto e della Lombardia, il punto focale dello sviluppo della Chiesa nel XX secolo e, per quanto è permesso attualmente di vedere, anche nel 3° millennio. È noto che, al di là di agiografie consolidate e fruste e dure a morire, il Sarto è stato l'unico papa della Storia della Chiesa che abbia maturato un'esperienza a livello di piena responsabilità parrocchiale (a Salzano) o quasi (a Tombolo).

Molteplicità di esperienze tra Tombolo e Salzano

Quando Sarto arrivò a Salzano nel 1867 aveva già avuto contatti con diverse modalità di concepire la testimonianza della vita cristiana. Il suo modo di concepire la comunità cristiana era informato ad un eclettismo che difficilmente si poteva trovare nei preti di allora. La sua famiglia era formata da Giovanni Battista, di Riese, e da Margherita Sanson, di Vedelago, figlia di un oste di Rossano Veneto (Vicenza); don Tito Fusarini, il "suo" parroco a Riese, era mestrino; don Pietro Jacuzzi, il "suo" cappellano, era friulano; l'ambiente di Castelfranco Veneto negli anni del ginnasio era strettamente legato al mondo diocesano trevigiano, mentre il luogo della formazione sacerdotale, il prestigioso seminario di Padova, era diretto discendente della scuola di S. G. Barbarigo; don A. B. Costantini, il suo parroco a Tombolo, era portatore di un'esperienza maturata nel Bellunese, con un passaggio abbastanza significativo a Forno di Canale (più tardi Canale d'Agordo).

L'esperienza del Sarto è, quindi, di gran lunga più ampia di quella maturata dai suoi coetanei: fatta propria da un'intelligenza di mente e di cuore non comuni, ed ampliata nel novennio di Treviso, in un contatto diretto e quotidiano con oltre 250 parrocchie di varia tipologia, estrazione e collocazione geografica, ha comportato una figura di pastore pronta ad affrontare anche la diocesi più turbolenta e preparata ad apportare gli opportuni rimedi, a proprio partire dal seminario e dalla parrocchia.

La parrocchia veneta, un modello

È una storia che parte da lontano, dal Concilio di Trento, che ha visto nella riorganizzazione della parrocchia la nuova via da seguire per proporre alla società una visione cristiana della vita e della storia umana. La parrocchia veneta era allora caratterizzata da un devozionismo secolare, ma stava lentamente facendosi largo una nuova attenzione verso il sociale, per meglio coniugare l'amore di Dio con quello del Prossimo. Tra Tombolo e Salzano, il Sarto acquisì in questo senso una mentalità più aperta alle riforme: ad esempio, a Salzano incontrò la nuova legislazione sabauda, vi adeguò senza snaturarli i doni di don Vittorio Allegri (fondatore dell'ospedale e della casa di riposo) e di don Antonio Bosa (lascito finalizzato dal Sarto all'Opera Pia Bosa).

Da buon successore che sa cogliere la continuità delle proposte, il Sarto si destreggiò fra l'uno e l'altro: fondò la devozione delle 40 Ore nella Settimana Santa e quella del S. Cuore; incentivò la devozione a Maria, con la novità del mese di maggio, e rinnovò quella della Madonna del Carmine, della Madonna Immacolata, della Madonna del Rosario; propose la comunione ai bambini in età di distinguere fra pane quotidiano e pane eucaristico; modernizzò lo statuto della Confraternita del Santissimo. Da sottolineare la collaborazione attiva tra il Comune di Salzano e il parroco di Salzano, che si realizzò nell'assunzione della presidenza della Congregazione di carità e nella responsabilità della direzione delle scuole comunali: anche a livello papale, agendo come un vecchio parroco, si prodigò per l'avvicinamento della Chiesa allo Stato italiano in epoca giolittiana. Quindi, non deve stupire il fatto che, una volta eletto papa, si sia fin da subito buttato anima e corpo nel rivoltare come un calzino la curia romana, ancora ancorata alle struttura dello stato pontificio, e a fare iniezioni di novità nella Chiesa del suo tempo, con tutti i pregi e di difetti che la sua lunga esperienza lombardo-veneta permettevano. Ebbe un'attenzione nuova alla catechesi, tanto è vero che per spezzare meglio ai parrocchiani il pane della Parola scrisse in modo autonomo un catechismo con 577 domande risposte, con un contenuto principalmente biblico e cristologico che poi, in termini da precisare meglio, funse da modello per il futuro "catechismo di Pio X".

Nuove ricerche storiche

Nel 2004 cadono i 50 anni da che è stato scoperto e pubblicato da mons. Tonolo, ed il prossimo anno ci sarà il centenario della prima enciclica eminentemente catechistica, l' Acerbo nimis , divulgata dal beato Longhin alla sua diocesi con grande aderenza al disegno papale. Quando si parla del primo papa parroco, si pensa subito a Giovanni XXIII, ma pochi sanno che Pio X teneva il catechismo nei cortili vaticani, proprio come da cappellano, parroco, vescovo e patriarca. Ai gradi superiori del sacerdozio, uno dei punti fondamentali dell'azione del Sarto a livello di diocesi fu la celebrazione dei sinodi, per dotare le singole parrocchie di strumenti condivisi ai quali ispirarsi e sui quali meditare. È una costante che caratterizza un modo peculiare di "sentire" la Chiesa locale: anche l'ultimo sinodo della diocesi di Treviso è stato incentrato nell'istituzione che è il luogo in cui si educa alla fede ed in cui si condividono il Pane e la Parola, cioè la parrocchia. In conclusione, per capire meglio papa Sarto occorre restituire alla storia papa Sarto a partire dalla sua formazione, e soprattutto è necessario togliere tutte le sovrastrutture di edificazione zuccherosa che sono state ad arte costruite attorno al personaggio, e che continuano ad essergli appiccicate secondo un rituale di devozionismo di maniera: santi si diventa con meriti personali, non per nascita.

È in quest'ordine di idee che vanno effettuati gli studi su Giuseppe Sarto: non tanto studi sui "massimi sistemi sartiani", relativi al solo pontificato: non solo "scavi" negli archivi romani, ma anche veneti e lombardi, per ricostruire la formazione del pensiero sartiano. E soprattutto a partire dagli atti canonici delle parrocchie, dal catechismo e dalle prediche, tutti in grandissima parte inediti e sconosciuti.

Quirino Bortolato

(le foto dell'articolo sono dell'archivio storico diocesano o tratte dal sito www.museosanpiox.it)

 

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